giovedì 13 agosto 2020

Cultura e natura umana

Avevo in mente di scrivere degli articoli sul comportamento umano. Dei ragionamenti personali. Mi sono però reso conto che questo non è il mio campo e quindi ciò che a me paiono delle idee originalissime risultano in realtà delle banalità, se non delle scorrettezze. Non pubblicherò dunque questi articoli.

Per fare questo però avevo raccolto delle informazioni di base. Questi sono concetti non sempre scontati per tutti, per cui li scriverò in questo post.


Introduzione


In termini semplici si considera natura tutto ciò che è innato, mentre cultura è ciò che viene appreso dall'ambiente circostante.
Una visione semplicistica ormai superata considerava il mondo animale caratterizzato esclusivamente da una trasmissione di istinti per via genetica, e il mondo umano caratterizzato dalla trasmissione culturale fondata sull’apprendimento. Oggi questi due aspetti si ritengono molto più interconnessi: da una parte si riconoscono e si studiano le culture animali, dall'altra l'etologia umana considera l'Homo sapiens nient'altro che una delle tante specie animali e la studia come tale. Inoltre il concetto di istinto in ambito scientifico è oggi caduto in discredito e non vi si fa più ricorso nelle ricerche sul comportamento animale e umano[1].
Per rimarcare un altro cambiamento di linguaggio, una volta l'intera specie Homo sapiens veniva indicata con il termine generico "uomo", mentre ora si tende a dire "umani" in quanto più neutro rispetto al genere. Dunque in luogo delle vecchie associazioni animale-istinto e uomo-cultura, non più attuali, persistono ora i concetti di natura e cultura, applicati entrambi in modo diverso sia agli animali che agli umani.
La cultura non è dunque caratteristica esclusiva dell'umanità, tuttavia la complessità della cultura dell'Homo sapiens è una sua caratteristica peculiare. Dai confronti con le altre specie ormai estinte appartenenti al genere Homo, gli elementi culturali sono considerati la chiave per spiegare la sopravvivenza dell'Homo sapiens rispetto agli altri. Ad esempio il linguaggio è più articolato, capace di gestire meglio informazioni astratte; la durata dell'infanzia è più lunga, il che permette una maggiore trasmissione culturale dalla generazione precedente. L'esistenza di forme d'arte di svariata natura è un'altra caratteristica prettamente umana. Tutto questo ha reso possibile un'organizzazione sociale sempre più complessa e la creazione delle numerose civiltà che l'umanità ha prodotto nella storia.

Cultura e natura umana


La questione della natura umana e il dualismo natura/cultura sono argomenti largamente dibattuti nelle scienze sociali e in filosofia[2]. Diversi campi di studi si propongono di stabilire cosa sia naturale e cosa culturale. La genetica comportamentale indaga questi aspetti cercando di stabilire in quale percentuale un dato comportamento sia dovuto a fattori genetici (quindi naturali) rispetto a fattori ambientali (quindi culturali). Tuttavia questa disciplina fornisce per la maggior parte risultati relativi agli individui singoli piuttosto che alla specie, ovvero riguarda le differenze genetiche intraspecifiche. Se parliamo di natura umana intendiamo invece ciò che accomuna e caratterizza tutti gli Homo sapiens. Dunque gli studi genetici in questo ambito cercano di identificare le peculiarità genetiche della nostra specie attraverso il confronto con le specie più prossime: quelle tuttora viventi come gli  scimpanzé, oppure le altre specie estinte del genere Homo di cui si riesca a ricavare il DNA. È tuttavia ancora molto raro riuscire a tracciare qualche tipo di comportamento specie specifico fino al livello genetico, soprattutto i comportamenti più complessi. Ci si rivolge allora ad altri campi, con metodologie più empiriche.
Un principio cardine utilizzato è il seguente: un comportamento può essere considerato parte della natura umana se è riscontrabile in tutte le popolazioni del mondo e in tutte le epoche di cui abbiamo informazioni. Tale comportamento è quindi una costante in tutte le società umane, indipendentemente dalle diverse condizioni culturali e ambientali. Viceversa i comportamenti sono classificati come culturali quando sono presenti solo in alcune comunità o epoche, ma non in altre.

Adattamenti culturali


La nostra specie si è affinata in milioni di anni fino a che nel Pleistocene ha assunto caratteristiche fisiche sovrapponibili a quelle che ha oggi, e per questo si è cominciato a chiamarla con lo stesso nome con cui chiamiamo noi stessi: Homo sapiens. Da allora non ci sono stati cambiamenti significativi a livello biologico, ma le condizioni ambientali in cui gli umani hanno vissuto sono cambiate, anche radicalmente, e per svariate volte. Basti pensare che l'umanità ha colonizzato i più diversi ecosistemi terrestri, dal deserto alle zone polari. Li ha poi spesso modificati, con lo sfruttamento del territorio (disboscamento, agricoltura, ecc), ed ha poi creato ambienti urbani del tutto artificiali. Tali cambiamenti ambientali sono troppo veloci dal punto di vista evoluzionistico. Non c'è il tempo per l'evoluzione biologica di adattarvisi. Invece di un adattamento biologico, dunque, gli umani si adattano tramite strumenti culturali, che sono molto più flessibili e veloci. La cultura ci ha permesso di vivere in modo ottimale anche in ambienti per cui il proprio fisico non è stato selezionato, utilizzando artifici quali ad esempio i vestiti, il fuoco, diversi tipi di abitazioni, e molto altro fino ad arrivare all'epoca moderna. Si può parlare anche di evoluzione culturale in quanto le culture possono tramandarsi, arricchirsi, andare in conflitto fra loro, oppure mescolarsi, altre ancora possono estinguersi. Come per l'evoluzione naturale, anche per le culture lo scopo è adattarsi, secondo logiche che ovviamente non sono più basate sul DNA, ma sono studiate come parte della sociologia e della psicologia.

L'ambiente sociale


La cultura presuppone un grado di socialità della specie, perché deve essere condivisa e tramandata. L'individuo si trova dunque a confrontarsi con un altro tipo di ambiente oltre a quello prettamente fisico in cui si trova, ed è l'ambiente sociale. Analogamente all'ambiente naturale, l'ambiente sociale in cui l'Homo sapiens si è evoluto in epoche arcaiche è molto diverso da quello che ha sviluppato successivamente nel corso della sua storia. Possiamo supporre che nel Pleistocene la socialità umana si sia affinata in un contesto in cui i gruppi umani non erano troppo numerosi, visti i metodi di sussistenza basati sulla caccia e raccolta. Si stima possano essere stati gruppi di poche centinaia di persone al massimo. Comunicavano e tramandavano la loro cultura oralmente.
Da quando le comunità sono diventate molto più numerose, e in maniera crescente fino ad oggi, questo ambiente sociale "originario" è cambiato. Pensiamo solamente al numero di persone che una organizzazione sociale moderna può contenere, per esempio una azienda, una religione o uno stato (fra l'altro in molti aspetti si parla perfino di società globale). Le innovazioni tecniche che hanno cambiato la socialità umana più volte sono state numerosissime: la scrittura, il telefono, internet, i trasporti, eccetera. La cultura ha generato questi cambiamenti, ma li ha anche subiti, dovendo adattarsi ripetutamente alle nuove condizioni sociali risultanti.

Mismatch evoluzionistico


Il concetto di mismatch, nella biologia evoluzionistica, riguarda quei tratti di una specie che in passato sono stati vantaggiosi, ma che in una epoca successiva, dopo che l'ambiente ha subito delle modifiche, risultano disadattivi, cioè in pratica inadeguati all'ambiente circostante.
Le innovazioni umane si potrebbero in molti casi vedere come adattamenti culturali necessari a sopperire un mismatch biologico. Per esempio esiste un mismatch fra il fisico umano, evolutosi nei climi caldi africani, e gli ambienti più freddi che ha colonizzato. Ecco che gli  umani allora imparano a coprirsi con pelli e pellicce, e poi scoprono come utilizzare il fuoco. Tramite strumenti culturali hanno posto un rimedio al mismatch biologico.
Oggi molti considerano mismatch anche numerose patologie, quelle per esempio dovute ai vari tipi di inquinamento o altri moderni stili di vita. E tramite strumenti culturali l'umanità cerca di rimediare a tali mismatch, in quanto si cerca di capirne le cause e porvi un rimedio. In questo caso per esempio con la scienza medica, o altri tipi di azioni quali politiche del lavoro o ambientali che rimuovano la causa della patologia. 

Ma oltre che a livello fisico, il mismatch si può avere anche a livello psico-sociale. In tal caso è la psicologia evoluzionistica la disciplina che cerca di stabilire come le strutture psicologiche derivino da processi adattivi.
In tale senso sono stati proposti come mismatch alcuni comportamenti umani quali il gioco d'azzardo[3], l'uso di droghe, o altri problemi psicologici che sarebbero il frutto di pulsioni sviluppate in epoca remota, ma che nelle società moderne sfociano in comportamenti dannosi. In modo analogo con cui un mismatch biologico può essere affrontato a livello culturale, capendone la causa e ponendo un rimedio, allo stesso modo anche mismatch di tipo psico-sociale possono essere, e sono spesso stati, individuati e corretti attraverso strumenti culturali.


martedì 14 febbraio 2017

Ho fatto un sogno


La notte del 12 febbraio 2017 ho fatto questo sogno.
Stavo tornando a casa. La mia casa nel sogno non era come quella reale, si trattava di un palazzo con strutture di metallo e pareti a vetro.
Percorro alcuni corridoi e ascensori per arrivare alla porta di casa, e nel percorso cerco di evitare dei gruppi di persone piuttosto inquietanti che mi puntano. Quando arrivo alla porta di casa ci sono altre di queste persone. Sono dunque accerchiato e non posso scappare. Questi mi costringono ad andare con loro in una specie di grossa caserma. Ci sono molti letti a castello incavati in grandi pareti. Parlando con le altre persone che stanno in questo posto capisco piano piano delle cose.
Qua vivono molte altre persone rapite come me, insieme ai rapitori stessi. Anzi, i rapitori altro non sono che persone che inizialmente erano a loro volta state rapite ed hanno cominciato a vivere qua, adeguandosi alle regole del posto, e dunque perpetuando i rapimenti.
In questo posto vigevano regole piuttosto rigide e le infrazioni venivano punite.
Col tempo ho capito che in effetti non ero obbligato a stare in questo edificio tutto il giorno. In alcune ore ben definite potevo uscire liberamente, persino tornare a casa mia. Però dovevo rientrare alle ore stabilite, se no ero sicuro che gli altri mi avrebbero cercato e trovato, e mi avrebbero punito severamente. Parlando con gli altri ho trovato alcune persone con cui cercare di pianificare una fuga, in segreto. Uno dei piani per esempio era di uscire e denunciare la cosa alla polizia. Ci chiedevamo se la polizia fosse poi in grado di proteggerci dalle punizioni, ed in effetti avevamo il timore che non fosse così, anzi che forse alcuni membri della polizia erano in combutta con questa gente.
Man mano che il tempo passava e non riuscivamo ad escogitare un piano realistico, il nostro destino sembrava quello di entrare nostro malgrado a far parte di questa specie di comunità. Ne avremmo seguito i metodi, arrivando anche a rapire altra gente. Questa comunità, apparentemente senza un leader o un organo direttivo, sopravviveva e si alimentava dunque solo grazie ai propri codici di comportamento interni.

I sogni come sappiamo sono rielaborazioni di quanto vissuto. In questo caso mi pare di poter attribuirne l'origine a due cose, anche se il mio sogno risulta poi una astrazione piuttosto originale:
1)La vita degli antichi spartani. Infatti ultimamente mi sono interessato di storia, ed in particolare questa è la lezione su Sparta che ho visto su youtube.
2)Il libro di Robert A. Heinlein, Starship Troopers, che ho letto recentemente.

martedì 4 ottobre 2016

Inutilità Cosmica



Il principale motivo per cui ho chiamato questo blog L'INUTILE risiede nella mia visione del mondo. A me sembra assolutamente chiaro ed assodato che la vita sia inutile.
Vorrei sottolineare subito che quello che intendo non è una specie di depressione o di rinuncia a vivere. Intendo invece ragionare e capire come stanno veramente le cose, proprio per poter condurre la mia vita nel modo migliore possibile nell'universo in cui mi trovo. 

Io non sono un filosofo, però proverò a spiegare le mie ragioni su questo argomento decisamente filosofico (che probabilmente sarà stato già trattato a fondo da qualcun altro che ignoro). Per prima cosa ognuno di noi è destinato a morire, per cui tutto ciò che ci dà soddisfazione e piacere nella vita, e tutto ciò che facciamo per ottenere queste cose, è destinato a non avere più senso nel momento della nostra morte. Si può dire: ok, ma le persone possono fare opere che rimangono nella memoria e nella storia del mondo, oltre che avere figli e quindi una continuità di geni e di cultura. Ciò che facciamo può continuare anche dopo la nostra morte, quindi morire non vanifica tutto. Io rispondo allora che l'umanità stessa è destinata ad estinguersi. Se ciò non avviene per qualche grosso disastro mondiale, un giorno il Sole avrà una evoluzione che prosciugherà la Terra rendendola inabitabile (ciò è previsto entro 3,5 miliardi di anni). Ma per allora forse l'Uomo avrà trovato il modo di colonizzare altri sistemi solari, o di vivere su stazioni spaziali?
Anche se così fosse, l'universo intero pare comunque destinato alla morte, più precisamente alla morte termica (cercate questa definizione per maggiori dettagli). Si tratta di uno stato in cui nessun processo energetico è più possibile, inclusa la vita. In sostanza si arriverà a questo stato dopo che tutte le stelle dell'universo, finito il loro ciclo di vita, saranno spente, senza più materiale disponibile per crearne di nuove. Questa è la evoluzione più probabile dell'universo, rendendo dunque inutile il passaggio effimero della vita.
Poniamo tuttavia che queste teorie siano sbagliate, che per qualche motivo oggi sconosciuto sia possibile per una forma di vita perpetuarsi in eterno. In che modo questo le conferirebbe uno scopo, un senso?

Mi pare dunque appropriato chiamare questa filosofia Inutilità Cosmica.

Forse per alcune persone che hanno altre visioni del mondo questo può sembrare troppo sconcertante da accettare. Come posso io vivere pensando che tutto sia inutile? Come posso avere una condotta normale, civile o ricercare degli obiettivi se nulla ha importanza? Come posso dare valore alle cose e alla vita stessa?
L'Uomo ha già dovuto fare i conti con prese di coscienza simili. Con la rivoluzione copernicana si è cominciato a capire di essere solo in un piccolo pianeta in mezzo ad un universo vastissimo anziché nel centro. Il fatto che questa consapevolezza possa aver deluso qualcuno non significa che sia meno vera o che dobbiamo far finta che le cose non stiano così. 
La morte stessa è spiacevole e moltissime culture hanno immaginato che in realtà le persone potessero continuare a vivere altrove. Tuttavia per le conoscenze che abbiamo oggi mi sembra del tutto evidente che così non è. La mente, e quindi la coscienza stessa, sono un prodotto di un organo, il cervello, per cui quando questo muore, anche il sentimento di me stesso muore. Anche in questo caso non mi sembra produttivo in alcun modo far finta che le cose stiano diversamente. Le condotte di coloro che hanno degli obiettivi nella "vita eterna" anziché in questa vita terrena sono a mio parere aberrazioni, anche senza arrivare ai casi estremi di coloro che si sacrificano pensando di ottenere qualche beneficio nell'aldilà.

Questa filosofia a mio modo di vedere porterebbe le persone a ridimensionare l'importanza di molte cose, e in definitiva ridurre lo stress. Con la Inutilità Cosmica non esisterebbe più alcun obiettivo irrinunciabile, non esisterebbe più nulla di indispensabile per poter pensare di continuare a vivere come meglio si riesce.
Invero non ha molta importanza trovare un lato positivo di questa filosofia. Non devo renderla presentabile, non devo venderla a nessuno, e soprattutto anche se non trovassi alcun lato positivo continuerei a sostenerla semplicemente perché mi sembra la cosa più ragionevole e realistica. Tuttavia, una volta che ne ho preso atto, ricerco il modo migliore di prendere il mondo alla luce della Inutilità Cosmica. E allora noto che essa aiuta notevolmente a non prendere le cose "troppo sul serio", a non ingigantire problemi che hanno in realtà poca importanza e ad essere in definitiva più felice.

sabato 20 febbraio 2016

Propaganda contro la propaganda

Nella storia la propaganda è sempre stata usata[1]. Ma la propaganda moderna ha assunto una particolare importanza da quando è iniziata la diffusione dei mass media a cavallo fra XIX e XX secolo. Da allora è diventata oggetto di studi approfonditi, e se ne occupano specifiche figure professionali. La propaganda può riguardare il campo commerciale, ed in tal caso risulta non molto distinguibile dalle varie forme di pubblicità. Più spesso indica il campo politico, religioso (dal quale la parola storicamente deriva) o comunque ideologico.

Nel sentire comune la propaganda vera e propria è quella attuata dai regimi totalitari. Famigerato è il ministro della propaganda nazista Goebbels, così come il sistema di forte controllo dell'opinione pubblica che vigeva nell'Unione Sovietica. A confronto di questi esempi si può pensare che oggi, nei paesi democratici,  vige un sistema più libero dove le persone non sono così fortemente condizionate.
Tuttavia in uno stato democratico moderno la propaganda è paradossalmente ancora più importante che in una dittatura, perché i soggetti politici e il governo sono costretti ancora di più, per sopravvivere, a mantenere un consenso nella popolazione.

La propaganda è sottovalutata


Cosa viene in mente alle persone quando si dice propaganda? Per primo vengono in mente le manifestazioni più grossolane della stessa. Manifesti, articoli, discorsi che in modo evidente vogliono convincere di qualcosa. Poi si pensa alla distorsione delle notizie, al giornalismo che manipola o insabbia certi fatti perché controllato da qualche tipo di potere. Meno frequentemente si pensa ad altri svariati modi in cui la propaganda si manifesta: nascosta in film, libri, serie televisive, canzoni, contenuti virali nei social network, blog famosi, opinioni espresse da star e persone molto in vista, direzioni scelte da organizzazioni molto influenti. Si tende a non pensare che anche tutto questo sia veicolo di propaganda, ovvero non semplice espressione dell'opinione e della sensibilità delle singole persone, ma risultato di scelte coscienti e organizzate per diffondere un certo tipo di concetto. L'idea generale delle persone secondo me sottovaluta quanto sia pervasiva la propaganda che ci circonda.
Non intendo appesantire questo post facendo anche esempi specifici, ma scrivo alcune note a parte[2].

La propaganda funziona


Chiunque abbia bisogno di trattare con un vasto pubblico deve fare uso di propaganda. In definitiva dobbiamo riconoscere che oggi non è sufficiente che un'idea sia buona per diventare largamente condivisa. Le idee si diffondono su larga scala solo e soltanto quando qualcuno ha potenziato la loro diffusione per mezzo di qualche tipo di propaganda.
Nonostante la propaganda sia spesso riconoscibile, e comunque la sua esistenza sia una cosa risaputa, le persone sono in genere propense ad assorbire con facilità i vari tipi di propaganda a cui sono sottoposte.
Questo per diversi motivi:
1- Molti non vedono nella cosa degli aspetti negativi. Pur se immaginano che in molti messaggi vi possano essere dei doppi fini, non ritengono la cosa importante o pericolosa, e si ritengono comunque liberi di agire come vogliono. In fondo è insito nella natura umana: le persone cercano spontaneamente dei racconti, delle spiegazioni, delle suggestioni, e quando le ottengono sono contente. Che bisogno c'è di porsi altri problemi.
2- Non tutti hanno voglia o tempo da perdere per capire queste cose più a fondo. Lo scibile umano è vastissimo per cui uno può avere moltissimi interessi senza però mai approfondire la questione di cui sto parlando in questo post. E quindi pensare in buona fede che le informazioni e le idee circolino in modo abbastanza naturale, senza o con poca manipolazione.
3- Chiaramente tutti questi fatti non diventano mai elementi di discussione dell'opinione pubblica generale, proprio perché non è diffuso da nessun sistema di propaganda. Nessuno usa delle risorse per fare propaganda ad un argomento anti-propaganda.

La propaganda è buona o cattiva?


C'è chi pensa, e sicuramente chi lavora nel settore lo pensa, che la propaganda non sia una cosa negativa, ma solo uno strumento per potenziare delle idee o delle cause. Per esempio Edward Bernays, autore di un classico sull'argomento (Edward Bernays, Propaganda, New York Liveright 1928), era di questo avviso. Vero è che Bernays faceva in questo modo anche una buona propaganda per se stesso, visto che si vendeva come professionista del settore.
Tuttavia più spesso la parola propaganda risulta dispregiativa, poiché implica l'uso di tecniche che possono apparire poco etiche. Diffondere in modo più vasto possibile una certa nozione al solo scopo di favorire gli interessi di qualcuno, cercando così di surclassare gli interessi contrapposti, potrebbe già apparire un'attività piuttosto cinica anche quando si tratta di propaganda veritiera e identificabile. Molto peggio nel caso di diffusione di false notizie oppure di propaganda occulta[3]. Oltre al fatto che il cittadino comune si ritrova a subire spesso inconsapevolmente delle pressioni psicologiche, un sistema costruito in questo modo è anche iniquo, nel senso che vede favoriti coloro che hanno le risorse per fare propaganda alla propria causa a discapito di chi non le ha. Per risorse non intendo solo quelle economiche, ma anche il solo potere di condizionare i media, come hanno per esempio i governi.
Bisogna concludere dunque che la propaganda è una cosa negativa?
Il fatto è che non è possibile farne a meno nel mondo di oggi. Si può anche dire che è negativa, ma bisogna farci i conti, come con le tasse o la morte. Non è possibile vivere in un mondo di miliardi di persone senza vedere l'esistenza della propaganda.
Voglio tuttavia fare delle ipotesi, piuttosto fantasiose, su alcune regole che si potrebbero immaginare per limitare gli eccessi negativi della propaganda. Per esempio ci potrebbero essere norme che garantiscano l'utilizzo dei media da parte di quanti più soggetti indipendenti possibile; ogni forma di propaganda occulta potrebbe essere bandita; se proprio non si riesce a rendere i messaggi del tutto trasparenti, ovvero riconoscibile da chi sono stati diffusi e con quale proposito, si potrebbe comunque diffondere la maggiore consapevolezza possibile nell'interpretarli. Ma chi potrebbe mai fare propaganda per promuovere l'adozione di queste norme?

Conclusione


Non penso assolutamente che possa esistere un sistema alternativo che non faccia uso delle logiche finora descritte, però sarebbe bene che le persone avessero una maggiore coscienza di come funzionano le cose. Questo non provocherebbe cambiamenti rivoluzionari; aumenterebbe solamente di qualche grado la consapevolezza nelle opinioni e nelle decisioni della gente. Tuttavia anche questo piccolo risultato sarebbe possibile solamente se questo tipo di problematica fosse diffusa in qualche modo all'opinione pubblica, quindi utilizzando una forma di propaganda. Per ovvi motivi questo non capita.
La situazione dunque non cambierà, ed avere scritto questo post ovviamente non avrà nessun effetto. Ho mantenuto quindi di nuovo fede alla missione di questo blog "inutile".

martedì 22 dicembre 2015

Una fiaba

C’era una volta un ragazzo che viveva in una piccola casetta vicino al bosco. Egli conosceva bene il bosco, poiché fin da bambino vi si inoltrava per giocare.
Una volta però, preso dai pensieri, si spinse fino ad una zona dove non andava da molto tempo. Decise allora di continuare a camminare, per poter arrivare più avanti di dove era mai stato prima. Vide poi che era ora di tornare indietro e si fermò per un attimo a guardare quella parte del bosco che non conosceva. C'erano alberi, alcuni rovi e foglie per terra.
"Cosa spero di trovare di diverso?" pensò. "È una zona del bosco come un'altra", e fece per tornare indietro.
Invece a questo punto qualcosa di strano attrasse la sua attenzione.
Era una pianta che aveva un piccolo tronco massiccio ma curiosamente storto. Vide che una delle sporgenze assomigliava molto al muso di uno scoiattolo, ma la superficie era così strana che con un po' di fantasia ci si potevano vedere le più diverse figure. I rametti erano irregolari e piegati in varie direzioni. Il ragazzo si avvicinò, pensava magari di strapparne un ramo e farlo vedere a qualcuno, ma il legno, anche di un sottile rametto, era troppo duro. Si accorse a questo punto che le mani non si staccavano più dal legno, la pelle era fortemente appiccicata. Tirare era inutile. Tutti i tentativi per staccarsi erano inutili. Più passava il tempo e più le dita erano infossate nel legno. Il ragazzo cominciò a chiamare aiuto sperando che qualcuno potesse sentire.
Calò la notte.
Al chiarore della luna vide che le mani ormai erano totalmente inglobate dal legno, ed anche un piede che aveva posato su una radice era ricoperto da uno strato legnoso.
La mattina successiva metà del corpo del ragazzo era legnificata. Non sapeva più cosa fare, aveva paura, continuava ogni tanto a chiamare aiuto, ma il legno stava raggiungendo la bocca. La parte del corpo dentro al legno la sentiva come irrigidita anche nell'interno, gli sembrava che lui stesso stesse diventando di legno.
In quella giornata il legno ricoprì la testa. Il ragazzo pensava di non potere più respirare, oppure di morire quando il suo cervello fosse diventato di legno, era disperato. Invece la sera si rese conto che, ormai totalmente rigido e legnificato, poteva ugualmente vivere. In questa condizione il ragazzo non poteva più vedere, toccare, sentire niente.
Passarono i giorni. Pensava come potesse mai vivere in quelle condizioni, è come se l'albero entrasse in simbiosi con l'essere che cattura, evidentemente la sporgenza che aveva visto era davvero uno scoiattolo e l'albero sopravvive inglobando animali; pensava che razza di albero fosse mai quello, com'è possibile che non sia conosciuta una pianta così particolare, e che sfigato era stato proprio lui ad incontrarla. Isolato dal mondo non saprebbe dire quanto tempo passò così, settimane, mesi o anni. In fondo sperava ancora che qualcosa succedesse, che qualcuno lo potesse tirare fuori da lì.
Un giorno, improvvisamente, tutto cominciò a vibrare. Vibrava tutto, e ad un certo punto provò un dolore pazzesco ad una gamba, che da tanto tempo era stata insensibile, e poi lo stesso dolore all'altra gamba. Poi basta.
L'uomo con la sega elettrica in mano fece un commento sull'albero che aveva appena abbattuto: "guarda, sembra quasi che su quel tronco ci sia la sagoma di una persona!". Il suo collega rispose: "Tu hai troppa fantasia. Buttane giù un altro che poi andiamo a casa". I due uomini, che stavano disboscando per allargare la vicina discarica di rifiuti, non avevano toccato l'albero con la pelle nuda, ma solo con la sega elettrica. L'albero tagliato non aveva più la capacità di inglobare esseri viventi, così l'indomani, quando portarono il tronco in segheria, considerarono questo un buon legno massiccio. Tagliarono il tronco in numerose tavole e pezzi vari.
Al ragazzo sembrava un incubo: terribili vibrazioni e dolore lancinante quando venivano tagliati pezzi di braccia, gambe, schiena, collo. Anche scoiattoli, topi, uccelli intrappolati nel tronco soffrivano con lui. Alla fine, fra le altre cose, fu costruito un tavolo. Un pezzo che congiungeva la gamba del tavolo col ripiano corrispondeva proprio ad un pezzo di testa del ragazzo, contenente il cervello.
Il ragazzo (chiamiamolo ancora così) non sapeva spiegarsi più niente di quello che era successo, era terrorizzato. Altro tempo passò. Non poteva far altro che pensare, pensare.
E pensò che era inutile continuare a rammaricarsi per la propria situazione, poteva essere definitivamente così, valeva la pena almeno cercare di vivere senza più la nostalgia della vecchia vita. Piuttosto che niente, piuttosto che essere morto o soffrire come poco prima, poteva pensare, ricordare, immaginare, ragionare, calcolare, rimuginare, e rendersi la vita ancora interessante.
E cominciò ad usare il pensiero fine a se stesso, a tempo pieno. Dopo un po' cominciò a pensare cose che nessun altro avrebbe mai pensato. A nessuna persona, presa da una vita più o meno normale, sarebbe mai venuto in mente ciò che pensava il cervello nel tavolo; vedeva i concetti sotto un'altra ottica, ragionava e traeva conclusioni su argomenti che nemmeno lui avrebbe mai immaginato prima. Il tavolo intanto fece il suo corso presso una famiglia; la quale decise, ad un certo punto, di cambiarlo con un tavolo nuovo, e lo mise in cantina. Il cervello aveva capito cose che probabilmente sfuggono a tutti, aveva raggiunto una singolare saggezza, ma non poteva comunicarla a nessuno.
Ad un certo punto ebbe una grande intuizione, ora sì che era tutto chiaro... ma, improvvisamente, se la dimenticò. Provò a ricordarsela, si sforzò con tutta la mente. Riusciva a ricordarne vagamente alcuni aspetti, ma stranamente non riusciva più a mettere insieme i concetti. 
Il tavolo era ormai mezzo ammuffito e le tarme lo avevano aggredito, compreso il pezzo del cervello. Le tarme stavano facendo buchetti e cunicoli laddove il cervello del ragazzo stava pensando.
Lui non se ne rendeva nemmeno conto, ma stava facendo ragionamenti sempre più sconnessi, le idee vagavano senza ordine per poi smettere di avere alcun significato.
Non si può dire precisamente quando il cervello del ragazzo morì: gruppi di neuroni illesi continuarono ancora per molto tempo a scambiarsi copiosamente impulsi elettrici senza ormai nessun senso, così come le zampe di un insetto continuano a muoversi da sole anche quando questo è spiaccicato.

domenica 13 dicembre 2015

Introduzione al blog 3 - Inutilità

Oggetto autoreferenziale ed inutile.
Lo spirito con cui scrivo in questo blog è assolutamente non divulgativo. Non mi interessa avere migliaia di visite al giorno, o comunque non è a questo a cui penso quando scrivo. Altrimenti lo sappiamo tutti cosa è che ci vuole per diventare virali: foto di gatti, video di persone che si fanno male e cose del genere. Più seriamente, se volessi fare un blog di successo dovrei pubblicare qualcosa di interessante ogni giorno, preoccuparmi del posizionamento sui motori di ricerca, divulgare i link ed avere account integrati su tutti i social network. Non intendo fare nessuna di queste cose. Questo è uno dei motivi per cui questo blog è intitolato L'INUTILE. Non tanto per i contenuti, sebbene finora siano stati effettivamente del tutto autoreferenziali e quindi inutili. Intendo infatti pubblicare in futuro anche concetti interessanti, almeno dal mio punto di vista. Ma inutile per il riscontro nullo che questo blog avrà dal mondo. Qualsiasi cosa io possa scrivere rimarrà confinata in una microscopica nicchia della rete. E questo non è motivo di dispiacere, ma è un punto costitutivo del blog stesso. Mi permette di scrivere senza condizionamenti. E tu che stai leggendo, puoi pensare che hai letto qualcosa che tutto il resto del mondo ignora, che nessun altro ha notato, qualcosa che ora è dentro di te, ma che non serve a niente.

Esistono anche altri motivi per cui ho scelto la parola inutile, ma di questo parlerò in altri post.

venerdì 11 dicembre 2015

Introduzione al blog 2 - Non attualità

In realtà il blog non è la mia forma di comunicazione ideale. La mia forma di comunicazione ideale è l'incisione su pietra.
Infatti io penso, rimugino, e quando alla fine ho qualcosa da dire è qualcosa di universale, di cui vorrei rimanesse traccia a uso di tutte le generazioni future. 
O più semplicemente, faccio molta fatica a scrivere qualcosa, per cui dopo vorrei vivere di rendita indirizzando le persone a leggere sempre lo stesso testo, senza essere costretto ad inventare nuovi contenuti ogni volta.
Dunque ho scelto un blog su questa piattaforma per i seguenti motivi:
1- Mi permette di avere un account anonimo (vedi post precedente).
2- Un blog è forse il posto in rete dove i contenuti sono storicizzati e facilmente consultabili per più tempo, rispetto alle alternative quali Facebook, G+, Twitter, ecc.
3- Esiste una funzionalità "esporta", così quando i server di Blogger.com si spegneranno, o la rete internet diventerà obsoleta, potrò esportare tutti i contenuti su una piattaforma più moderna... oppure spendere qualche risorsa per inciderli integralmente su lastre di granito.

Da tutto questo ne consegue che dovrei seguire alcuni criteri quando scrivo sul blog. Devo resistere se mi viene la voglia di commentare il fatto di cronaca del giorno, oppure dirvi in quale posto sto facendo una gita. Dovrei pubblicare solo concetti maturi e ragionati e non semplici impressioni a caldo. Altrimenti uso Twitter, o gli altri social network effimeri. Vedremo se riuscirò sempre a tenere fede a questo proposito.

P.S. il mio account (quello anonimo) su Twitter è @fineasestesso

giovedì 10 dicembre 2015

Introduzione al blog 1 - Anonimato

Certe volte mi viene la naturale voglia di condividere dei pensieri con un pubblico più vasto possibile. Usando i social network (Facebook, Google plus, Instagram, etc), dove sono presente con la mia reale identità, mi trovo in difficoltà. 
Esiste la questione dell'utilizzo responsabile della propria immagine: un domani potrei non avere piacere che una data persona possa trovare sotto il mio nome delle opinioni, che magari nel frattempo sono anche cambiate. Un datore di lavoro, un socio, un vicino di casa... 
Ma oggi stesso francamente c'è sempre qualche persona a cui non desidero divulgare tutti i miei pensieri. Per esempio quel collega stronzo che incontrerò domani, oppure quel parente dalla mentalità un po' rigida. Anche se non fossero nelle cerchie dei miei "amici" potrebbero sempre trovare qualcosa che ho condiviso pubblicamente. Ecco perché ho creato questo blog anonimo. 
Adesso sì che mi sento libero di scrivere quello che mi pare.
Non è che intendo scrivere cose scandalose o ingiuriose protetto dall'anonimato. Intendo invece spiegare i miei pensieri in modo del tutto sincero, come si riesce a fare soltanto di fronte a persone fidatissime, o a perfetti sconosciuti. Ed infatti queste due categorie saranno quelle che possono leggere il blog. Quelli che non sanno chi sono, e poi pochissime persone fidate che conoscono la mia reale identità. Prego però questi ultimi di non mettere elementi riconoscibili nei loro eventuali commenti! Questo potrebbe essere l'unico motivo per cui cancellerei o modificherei un commento. Per il resto i commenti saranno assolutamente liberi.

mercoledì 9 dicembre 2015

Inizio

Benvenuti nel mio nuovo blog. Come inizio sarebbe il caso di fare una dichiarazione d'intenti e spiegare lo spirito di questo blog. Per questo i primi post saranno solamente un'introduzione.
È possibile che, dopo che avrò scritto vari post articolati su ciò che questo blog dovrà essere, mi sarò stufato e non scriverò più niente.
È anche possibile che comincerò ad analizzare sfumature sempre più fini dei motivi ispiratori e delle mie intenzioni, cosicché continuerò a parlare solo di quello, facendo una introduzione infinita, senza mai cominciare a scrivere un contenuto reale.

Entrambi i casi però non mi spaventano, visto che terrei comunque fede all'ispirazione originale che appare dal nome stesso del blog.